Il 53% delle PMI italiane vive la transizione digitale come un fattore abilitante.
Il 47% subisce la transizione digitale e, talvolta (7%), arriva a rifiutarla, mantenendo inalterato il proprio status analogico, realtà produttive non internazionalizzate, totalmente avverse a qualunque forma di innovazione digitale.
Un’Italia delle PMI spaccata in 2, che va a 2 velocità.
Essere digitalmente maturi non significa solo innovare impianti, processi e produzioni. Significa anche: digitalizzare il sapere aziendale, proteggere e valorizzare l’intangibilità dell’impresa, che non è una unità singola ma fa parte di ecosistemi territoriali interconnessi.
Il messaggio è che la contemporaneità dovrebbe portare l’impresa non solo a produrre in modo innovativo, sicuro, veloce e sostenibile, ma anche a considerare i propri asset intangibili (la conoscenza acquisita, il sapere e la cultura aziendale) come valori essenziali per rimanere agganciati al treno della competitività globale.
Ma, la fotografia che emerge dalla ricerca, racconta che le PMI italiane sono ancora molto indietro rispetto al resto d’Europa.
La maturità digitale si raggiunge non solo implementando processi e produzioni, ma anche cambiando la vision aziendale, dando una rilevanza strategica agli asset intangibili, ovvero:
9 PMI su 10 hanno scelto soluzioni innovative per l’analisi dei dati aziendali, approccio analitico che però rimane ancorato a modelli troppo semplici che non consentono operazioni di aggregazione qualitativa.
Manca la reale percezione della sicurezza come leva gestionale, testimoniata anche dal fatto che meno di 1 PMI su 4 ha all’interno del proprio organico figure specializzate.
Con particolare riferimento all’accesso ai dati aziendali da remoto, limitato e in molti casi inesistente per il 71% delle piccole e medie imprese italiane.
Molte piccole e medie imprese continuano a perseguire modelli di archiviazione cartacea documentale. Chi invece si avvale in questo ambito di nuove tecnologie, nella maggior parte dei casi si affida a formati elettronici non integrabili all’interno di un’unica piattaforma. In sostanza tante porte, tante chiavi: un vero problema per chi si trova nella condizione di dover accedere.
Gli Imprenditori devono avere più coraggio e considerare l’innovazione tecnologica non una strategia, ma una lungimirante visione aziendale
Il Sistema Paese deve garantire una rete infrastrutturale adeguata e pervasiva su tutto il territorio nazionale; una PA agile e digitale, che abiliti ecosistemi innovativi; un sistema del credito efficiente e funzionale alle esigenze delle imprese.
Il momento è quello giusto a patto che le risorse straordinarie previste dal PNRR vengano distribuite non a pioggia, ma secondo una logica di filiera; che la digitalizzazione del sistema delle piccole e medie imprese italiane avvenga attraverso progetti che coinvolgano trasversalmente diverse tipologie di attori dell’ecosistema industriale; che si investa in modo convinto sulla formazione di specialisti ma anche di figure manageriali capaci di gestire e guidare la nuova rotta digitale delle imprese italiane.